TRENI & BICI PER PEDALARE IN UN WESTERN… CICLORADUNO NAZIONALE CAI MATERA 2021

Dudududumdadann, dadan, dadan;
gli intercity notte non ti cullano più con il metronomico dadan dadan dei vecchi vagoni letto, ma ti svegliano dal dormiveglia con una rullata di batteria ogni volta che passano sugli scambi per poi lasciarti riassopire; stiamo andando a Matera o meglio in Basilicata per il 13° raduno nazionale di cicloescursionismo del CAI.
Con il nostro residuo ardore per la guida, Matera sta ben oltre il limite della giornata di viaggio, quindi tra le due scelte: stendere lo scheletro in un vagone letto o in un Motel Adriatico, scegliamo la prima.

Trenitalia e un ospite severo: distendersi subito è un lusso da viaggiatori rammolliti, il letto te lo devi guadagnare con il passaggio su due interregionali, più o meno veloci, il primo fino alla città più brutta del. facciamo Nord-Est il secondo da li a Bologna.
Qui transita una panoplia di notturni – 3 in due ore – che collegano le citta d’Italia con più pugliesi, Milano e Torino, con la Puglia.
Scendiamo divertiti dal secondo interregionale, è un treno moderno, veloce, non solo nel nome, con molti pendolari – monopattino/ciclo(elettro) dotati.
Qui i posti bici hanno pure la presa per la ricarica, però sono pochi in confronto a quelli disponibili sul Trieste – Mestre; così può succedere che Mario(*), siamo appena alla terza stazione, salga convito di poter ricaricare, come suo solito, la bici che gli servirà per ritornare a casa nella buia notte veneta.
Ma questa sera cosa vede?
Il “suo” posto, totalmente occupato da due borsoni, ben legati con rinvii molto mountain e poco bike, a chiudere i restanti spazi al contorno, due zaini dall’aspetto poco maneggevole; praticamente una linea Maginot tra lui e la presa.
Superato il primo attimo di smarrimento Mario passa all’attacco:

Questi posti sono riservati alle bici!

Angelo anzi Lord Zagolo, con perfetto tono british:

– Esatto e quelle sono due biciclette nelle loro sacche…
– Ma questi sono posti per le bici montate, ma avete pagato il supplemento bici?
– Certamente tono “Mr. Livingstone I suppose…”
– Chiamo il controllore…
– Gli mostreremo volentieri i nostri biglietti…
– Tanto non passa mai… voce incrinata, l’attacco si sta infrangendo sulla linea dei Berghaus/Karrimor, inamovibili.
– Mi bastavano un paio di stazioni per ricaricare… tono Caporetto.

Comprensivi partecipiamo al dolore spiegando che non è colpa nostra se su questi treni i posti bici sono pochi e quelli per i bagagli minimali. Ci salutiamo augurandogli un buon rientro, ogni tanto uno muscolare può far bene.

Bologna Centrale, ore 21:46.
Tra 14 minuti arriverà il primo intercity notte che Trenitalia, fiduciosa nei suoi ritardi, escludeva dalle combinazioni possibili al momento dell’acquisto dei biglietti.
Il nostro, invece, non riesce a prender forma tra i binari milanesi: “annunciamo ai signori viaggiatori che l’intercity notte delle 23:10 per difficoltà nella formazione del treno viaggia con due ore di ritardo”… miracolo: un treno che ancora non esiste sta già viaggiando.
Tentiamo un cambio al volo su quello in arrivo: niet – pieno.
Ritentiamo con il terzo che arriverà più tardi, ma, stante l’assenza d’annunci, almeno è in viaggio.
Questo ci va bene, il cambio è un affarone: scompartimento quattro cuccette, ridotte a due per COVID, al posto dello scompartimento letto da due: ergo due cuccette per i cristiani e due per le bici; comodi comodi.

Un ottimo caffè, offerto dal cuccettista, ci annuncia l’arrivo a Bari; qui zompetto per tutto il centro, in lungo e in largo, solo perchè insisto a sfidare google maps nella gara di orienteering: “alla ricerca dell’autonoleggio” che, come al solito, perdo.

Partiamo in direzione Pisticci, borgo arroccato dove si produce l’amaro Lucano; la prima gita del programma parte dall’agriturismo al Calanco posto ai suoi piedi, e lì andiamo a sistemarci.
Arriviamo a mezzogiorno, salutiamo e, “originaloni”, chiediamo: si può mangiare qualcosa?
– Certo, gradite gli antipasti della casa per cominciare?
Ci servono dodici antipasti; escludendo gli affettati e le melanzane sott’olio, tutti gli altri si differenziano dalla nostra idea di primo e secondo solo per le porzioni servite, lievemente minori.

Pesantemente zavorrati discutiamo sul da farsi: dormire fino all’ora di cena o ‘ndar a far un toc nello Ionio?
Il lido di Pisticci si trova a una trentina di chilometri, giusto il tempo che tutte le mamme consigliano di attendere prima di tornare in acqua dopo la merenda.
Raggiungiamo un lungomare di sabbia granita con due solitari bagnanti, una nuotata ci rigenera, l’acqua è ancora calda, i pensionati lucani hanno molto da imparare…

 

Giovedì 30/09: Craco ed i calanchi.

L’orario di servizio della colazione è molto rilassato così dobbiamo far da noi in un atrio.
E’ dotato di frigo con bibite e tavolo con macchinetta del caffè e merendine, al contorno ben due divani modello ”sprofonda & spandi”; indubbiamente uno stimolo gentile a non temporeggiare e presentarsi subito con gli altri partecipanti.

Ci ritroviamo nella corte dell’agriturismo in una trentina, il vello tendente al bianco, ampiamente presente sotto i caschi, anticipa che la frequenza di pedalata sarà piacevole.
Il programma prevede di compiere un anello antiorario di circa 50 km in gran parte su strade sterrate; la partenza si trova nella parte orientale e Craco all’estremo opposto.
Partiamo con il bel tempo, ma le previsioni per il pomeriggio indicano la possibilità di piogge/temporali, nel caso accadesse, devieremo su strade asfaltate perche il fondo argilloso, presente su gran parte dell’itinerario, diverrebbe velocemente impedalabile, ci spiega Renato,uno dei nostri accompagnatori.
Percorriamo alcune decine di metri sulla statale della Valle del Basento poi prendiamo la prima sterrata, una tabella gialla-rugginosa indica la via: ENI Centro Olio Pisticci. Non fa la stessa impressione delle tabelle gialle-svizzere con scritto Silvretta Tour, ma e solo un pensiero fugace.
Ci inoltriamo nel titolo della gita, tra i calanchi, sopra i primi uno striscione ci ricorda che e arrivato il Wi-Fi ma manca sempre l’acqua.
Superate queste piramidi d’argilla la vista si apre su una distesa di colline dolci, arse e pettinate che mostrano tutte le sfumature del giallo e del marrone, solo su qualche fianco il giallo sfuma verso un pallido verde.
Pedalare sull’ondulato ti lascia familiarizzare, specialmente in discesa, mentre in salita cerchi qualche pensiero furbo.
Siamo un gruppo ben assortito da Chivasso a Trieste passando per Gallarate, da Livorno arriva un delegato della commissione cicloescursionismo per la/le conferenza/e che ci racconta le ultime notizie dalla “nomenklatura” (per queste vi rimando al finale); più vicini abruzzesi e campani.
Con i sardi, i più numerosi, si parla dei loro soliti problemi logistici; sono alla prima partecipazione di gruppo anche per vedere come funziona l’evento ed eventualmente proporsi come futuri organizzatori.
Sembrerà strano, ma nessuno dei presenti li ha scoraggiati, anzi oserei dire che tutti si son mostrati entusiasti.

Prima sosta, sorpresa: le nostre guide tirano fuori dei meloni dagli zaini, cominciano ad affettarli ed offrirceli, squisiti, dolcissimi. Li hanno presi pochi minuti prima sulle piante di un campo dove era già stato fatto il raccolto, sarebbero rimasti lì a marcire.

 

 

Ripartiamo verso Craco, salendo il gruppo si allunga, e il panorama si allarga; la nuvola di polvere sollevata da chi precede, la predominanza dei toni di marrone, la sensazione di disabitato ma non abbandonato, che viene dai campi arati senza case coloniche vicine, mi trasporta in una dimensione sconosciuta da noi, ma che mi pare d’aver già vista.
Ma sì, vista al cinema; siamo in un western di Sergio Leone o, per i più letterati, nella Mancha di don Chiscotte con tanti mulini a vento che ci osservano da lontano; questi hanno solo meno pale di quelli visti da Sancho Panza.

 

 

 

Saliamo a Craco, immortalato in “Cristo si e fermato a Eboli”, ora villaggio fantasma, sfollato alla fine degli anni ’80 a seguito di una frana, paradigma dei problemi di queste terre.
Conciliamo cultura e calo degli zuccheri, in altre parole assistiamo, al centro visite, a una conferenza sulla storia del paese e poi facciamo merenda.

 

 

 

Colpisce, nella storia recente del paese, lo scrupolo paesaggistico dei progettisti dell’acquedotto pugliese che hanno sfruttato la vecchia torre di guardia per nascondervi all’interno un serbatoio piezometrico.

 

 

Avanti verso Tempa Petrolla, torre naturale a guardia della valle del Basento, mentre nel cielo si accumulano dei nuvoloni che potrebbero fermarci.
Dopo l’adunata ci provano, fortunatamente con poca convinzione. Temporeggiamo un po’ sulla statale della Val d’Agri in attesa che passi lo scroscio; alla fontanella dove abbiamo appena finito di riempire le borracce si presentano gli operai di una delle tante ditte Windqualcosa, che lavorano nella zona, con un SUV Mercedes che non nasconde l’uso: come da progetto originale.
Di spegnere il dieselazzo neanche non se ne parla: con tutto quello che già stanno facendo per l’ambiente, su e giù per le pale eoliche, chiedergli anche di girare la chiave del motore sarebbe veramente troppo.

 

 

Siamo fortunati, il cielo si rasserena, la pioggia caduta non ha compromesso la ciclabilità delle sterrate, continuiamo verso Tempa Petrolla.
Ad un bivio ci fermiamo: dovremmo percorrere una strada che sale in una bella pineta ma è sbarrata da una catena con sopra il solito: DIVIETO DI TRANSITO – PROPRIETA’ PRIVATA.
Parte il dibattito sul da farsi fino all’arrivo del capogita, che chiudeva il gruppo come scopa, guarda il cartello e, disincantato, spiega: “…ma chi vuoi che da queste parti abbia i soldi per costruire una strada del genere?
Questa è sicuramente demaniale, il furbo poi ha piazzato il cartello per non avere gente in giro…”
Avanti verso la rocca.

 

 

Seconda e ultima sosta, poi una lunga e godibilissima discesa ci porta al “Teatro dei Calanchi” un’idea della rinascita turistica locale: un teatro all’aperto, in uno spiazzo naturale tra i calanchi; ci si siede su delle balle di fieno sistemate a mo’ di panchine, affascinante.
Ancora pochi chilometri e ritorniamo all’agriturismo: e stata una gran gita, ci complimentiamo con le nostre guide ma niente terzo tempo: dobbiamo trasferirci verso la partenza della seconda: Castelmezzano nelle Dolomiti Lucane, sta a 70km, verso Potenza.

 

 

Venerdì 01:10: Castelmezzano e le Dolomiti Lucane.

Ripartiamo in un ambiente piè familiare, il verde e ritornato il colore dominante; il menù di oggi offre un’ampia scelta: giro lungo 75km o giro corto 40km: il lungo e una specie di otto o “infinito” il corto percorre una sola delle due asole; i belli: Castelmezzano, la roccia dell’aquila con balcone sulle Dolomiti Lucane, Pietrapertosa, ovviamente stanno nella seconda metà.
Il fondo predominante, oggi, sarà il vituperato bitume, e qui potremmo aprire un ampio dibattito se possano esistere bitumi di diversa difficolta o no! Per esempio: bitume da MTB, da gravel, da specialissima?
Secondo me sì e questa gita, li proponeva tutti e tre.
Bitume da specialissima: lo troviamo in partenza si propone, bello, regolare, grana fine, nel senso di consumato, con una lunga salita ben pedalabile che, con uno strappo di 600 metri di dislivello, ci porta dentro il parco naturale Gallipoli Cognato.
Qualche chilometro dopo il centro visite, la nostra strada diventa una sterrata nel bosco che ci porta al gran premio della montagna di oggi.
Qua e là delle mucche di razza podolica pascolano libere, in posti da capre, sembrerebbe allo stato brado, trasformando il sottobosco che colpisce per la pulizia; vicino a una malga diventa quasi un prato inglese.
Scendiamo lungo il fianco ovest del monte dell’Impiso, ritornando verso la valle del Basento fino a incrociare la strada che sale a Castelmezzano, dove chiudiamo la prima asola dell’otto.
Gran consulto su chi continua per il giro lungo e per aggiungere una variante del momento: da qui la salita per Castelmezzano, chicca del giro, lungo la strada comunale, non e tanto lunga. Così quelli della variante corta aggiungono un su e giè per vederlo e poi ritornare a valle.
I Vulkan continuano per la variante lunga: saliremo anche noi a Castelmezzano, ma prendendo la strada vecchia: una vera carrozzabile, ora chiusa per frane.
Quindi, dopo un breve tratto sulla nuova comunale, a un incrocio la imbocchiamo, aggirando la sbarra, con le nostre guide che ci spronano a muoverci che, se passassero i carabinieri, la multa e la figuraccia non ce le leverebbe nessuno.

 

 

Chissà, se li avessimo incrociati, forse, saremmo riusciti ad apparire due volte sul TG locale: la prima nel servizio che magnificava il convegno materano, e questa c’e stata veramente, e la seconda nella cronaca: “…schivata la tragedia: banda di cicloincoscienti fermati dai carabinieri all’ingresso della ex comunale chiusa per frane …”
Qui il divieto è serio: non ci sono cartelli da aggirare con l’auto ma una sbarra, non riesci proprio a passare; non è come a Pisticci dove, due giorni prima, sbagliando strada, abbiamo scoperto che il vecchio accesso è chiuso per frane ma, visto che è ceduta solo una corsia, i cartelli di divieto occupano sì entrambe le corsie ma sfalsati quanto basta ad aggirarli.
Carrozzabile, che bel termine desueto, in una sola parola: manufatto che con pendenza ideale per la trazione animale o umana sale ben inserito nell’ambiente con tornanti piacevolmente piatti.
Da ciò che vediamo è chiusa al traffico per qualche problema di scariche di sassi dalle pareti soprastanti, dei piccoli cedimenti e una sede troppo stretta in alcuni punti.
E’ un balcone continuo sulle Dolomiti Lucane con vista su scorci stupendi come il becco dell’Aquila; potrebbe divenire una ciclovia a cinque stelle; lo diventerà mai?

 

 

Ah per il bitume: con crepe, buche, pietrisco, ghiaino… da gravel?
Raggiungiamo Castelmezzano, una chicca e, secondo The Telegraph mica la Pravda – Правда ossia la Verità – uno dei 19 borghi piè belli d’Italia e qui ci concediamo una meritata merenda.
Di fronte a noi sull’altro lato della valle vediamo Pietrapertosa; dobbiamo raggiungerla con un lungo giro in quota che percorre tutta la testata della valle che ora ci separa.
Potremmo raggiungerla anche scorrendo sul Volo dell’Angelo: una delle zip line più spettacolari d’Europa, purtroppo, come riporta anche il suo sito ( https://www.volodellangelo.com ) la bici non e tra gli oggetti consentiti al seguito.

 

 

I chilometri cominciano a farsi sentire ma scorrono sempre piacevolmente tra boschi e campi in quota, una ragazza del gruppo delle nostre guide tenta di alzare la tensione cadendo lungo una discesa con asfalto da specialissima, colpevole fu il gradino che si forma tra asfalto vecchio più nuovo e bordo sterrato, praticamente una voragine.
Il momento di panico presto vira in un’esercitazione di pronto soccorso con la sfortunata protagonista che rischia, per un paio di sbucciature, di ritrovarsi mummificata.
Pietrapertosa è simpatica ma meno di Castelmezzano, può vantare però a suo vantaggio un bel residence nuovo di zecca e perfettamente disinserito dal resto del paese, non proprio un ecomostro ma solo un pugno nell’occhio.

 

 

Da qui, già ben sazi di chilometri, confidavamo in una lunga discesa a fondovalle e invece, prima di questa, c’era anche una decisa contropendenza.
Ah, dimenticavo il bitume: nella calata a fondovalle asfalto scassato o meglio scassato bituminoso con cambi continui su strada bianca, sicuramente da MTB.

 

 

Il racconto degli ultimi due giorni del convegno e pièùadatto a un sito medico o di storia dell’arte e quindi ve lo risparmio.
In altre parole, colpiti dalla maledizione di Montezuma, io già in quel di Pietrapertosa, ci siamo dedicati prima alla contemplazione della camera, in albergo e poi alle bellezze architettoniche del centro di Matera perdendo pure la degustazione della pignatta: uno stracotto di pecora ammorbidito con salsicce.

(*) Mario: nome di fantasia in onore di un vecchio socio…

§§

NOTA ISTITUZIONALE:

C’è malessere tra la commissione cicloescursionismo e la controparte escursionistica in seno al CAI centrale.
In sintesi, come l’ho capita: la parte pedoescursionistica o meglio, il consigliere trentino, che come da tradizione rappresenta chi vede come fumo negli occhi i ciclisti, ha bloccato l’ufficializzazione della scala
delle difficoltà cicloescursionistiche perchè in questa viene citata la parola sentiero.
Secondo questi non si può citarla perchè sui sentieri semplicemente non si va con la bici che è l’origine di tutti i danni che subiscono, dei problemi con gli altri fruitori, ecc. ecc.
Resta sottinteso che la bici va confinata sulle strade o nei bike-park.
Il dissidio affiora anche nell’editoriale di settembre della rivista del CAI, dove il presidente si schiera su una posizione più proibizionistica. (Abbandonare i sentieri? No, grazie!).
Il CAI politicamente ha il suo peso e una posizione proibizionistica potrebbe influenzare in questo senso le future legislazioni locali come avviene già in Trentino (e in Veneto?).

NOTE PERSONALI:

Così, una posizione talebana, ma con una ragion d’essere per la rete sentieristica super frequentata del Trentino passerebbe anche in altre regioni, dove i sentieri stanno scomparendo per la poca frequentazione.
L’utopia della regolamentazione stagionale, è completamente di la da venire; intendo dire: un percorso come, ad esempio, la discesa della val Travenanzes, ora vietata, potrebbe esser fattibile fuori della tipica stagione escursionistica evitando i problemi tra escursionisti che si verificano nei mesi estivi.

Raimondo Durin

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